PISILLI: “Il campetto di Casal Palocco è quello a cui sono più legato in assoluto” (VIDEO)

CRONACHE DI SPOGLIATOIO – Il centrocampista della Roma e della Nazionale Italiana Under 21 Niccolò Pisilli è stato intervistato dal canale e ha parlato del campetto sul quale ha mosso i primi passi. Ecco le sue risposte:

Quando giocavi su questo campetto non c’erano delle persone a filmarti?
“No, mai, perché stiamo proprio, come hai detto te, letteralmente a casa mia, cioè a casa di mia mamma. Questo è il posto dove sono cresciuto, giocando con mio fratello, con tutti i miei amici, e diciamo che questo forse è il campo a cui sono più legato in assoluto”.

Che tra l’altro tu hai dipinto poi, no? Mi facevi vedere prima, che ci sono un po’ di ricordi.
“Mi ricordo un giorno, c’eravamo messi proprio a fare l’area, il centrocampo, e avevamo pitturato la porta centrale per definire appunto la porta. E poi giocavamo tutti i giorni su questo campo, che nasce come una pista da pattinaggio, ma alla fine l’abbiamo trasformata in una sorta di gabbia per giocare a calcio”.

E disturbavate un po’ i vecchietti, diciamo, in zona.
“Abbiamo sempre dato un po’ fastidio, soprattutto con questa casa qui davanti, avevamo qualche problema. Per noi quella era come stare all’Olimpico o chissà dove. In quel momento eravamo felicissimi”.

Poi mi raccontavi del tuo vicino di casa con cui hai condiviso un po’ di storia giovanile.
“Siamo entrati alla Roma insieme e poi abbiamo giocato per nove anni insieme. L’anno prima della primavera è andato via ma andavamo tutti i giorni a calcio insieme. I miei genitori si organizzavano con i suoi genitori per l’accompagno, per il ritorno. E quindi era bello, perché anche durante il viaggio per andare a Trigoria stavamo fissi insieme.

Quindi non vi hanno scoperto qua però quelli della Roma.
“Non è mai venuto un conservatore qui, però è stata bene perché c’erano tanti ragazzetti bravi e ci divertivamo proprio (ride ndr)”.

DOVBYK: “Infortunio fastidioso, tornerò in campo tra un mese”

Intervenuto a sorpresa ad una tv ucraina, Artem Dovbyk ha raccontato del suo infortunio e parlato dei tempi di recupero. Queste le sue parole: “Mi sto riprendendo. Il trauma è muscolare ed è fastidioso perché è vicino ai tendini. Ancora un mese e tornerò”. Poi una battuta sulla nazionale, recentemente qualificata al playoff mondiale: “Avrei voluto aiutare i miei compagni in nazionale – ha aggiunto – ma ero abbastanza sicuro della loro vittoria”.

(corsport)

GASPERINI: “Scudetto? Tutti sono liberi di sognare, ma siamo consapevoli delle difficoltà. Per il mercato si deciderà al momento. Stadio? Il progetto è meraviglioso” (VIDEO)

RAI 1 – Gian Piero Gasperini torna a parlare durante la sosta per gli impegni delle Nazionali. Il tecnico giallorosso ha rilasciato un’intervista al TG1, in onda questa sera. Di seguito le sue dichiarazioni: “Abbiamo fatto un ottimo lavoro all’inizio, adesso stiamo raccogliendo buoni frutti ma siamo consapevoli delle difficoltà del campionato”.

La Roma è prima in classifica, ai tifosi ha detto che sono liberi di sognare. Sognare lo scudetto?
“Tutti sono liberi di sognare, si può fare tranquillamente. Speriamo che il risveglio sia positivo. Intanto godiamoci questo momento”.

L’importante è crederci…
“Quello sicuramente, i giocatori con il loro atteggiamento e comportamento ci credono in ogni partita. Siamo solamente all’inizio. Quando fai un bel sogno è già qualcosa di buono”.

Il calciomercato di gennaio?
“Come sempre, vale un po’ per tutte le squadre, si deciderà al momento”.

Il rapporto con i tifosi?
“Con il tempo ci si conquista, ci si conosce soprattutto e ci si apprezza sempre di più. Non è una cosa che si può ottenere così: baciando la maglia, facendo queste cose o andando sotto la Curva”.

Il nuovo Stadio?
“Sarebbe veramente un grande regalo da parte della società e della proprietà. Ho visto il progetto ed è meraviglioso. È una società che ha voglia di investire, di fare lo stadio e di migliorare la squadra”.

Il cibo di Roma?
“Devo stare un po’ attento (ride, ndr). È una cucina sempre molto importante. La cosa che mi piace molto è che al mattino esco abbastanza presto per venire a Trigoria, giro in Via dei Serpenti e mi trovo davanti il Colosseo, è un bel modo di iniziare la giornata”.

L’Italia?
“Speriamo finalmente che si possa andare ai Mondiali, anche per le nuove generazioni sarebbe importante che l’Italia tornasse a giocare i Mondiali”.

KONÉ: “Do tutto per la squadra. In Italia il calcio è più difensivo, bisogna sapersi adattare e migliorare” (VIDEO)

Manu Koné si racconta e lo fa in un’intervista ai canali ufficiali della nazionale francese. Il centrocampista della Roma ha ripercorso le tappe della sua carriera, soffermandosi anche sull’avventura con la maglia giallorossa. Ecco le sue parole: “Con il passare del tempo si è iniziato a parlare di me, ma inizialmente non mi notava nessuno a causa della mia timidezza. Ero sempre nell’ombra, quindi dovevo mettermi alla prova e far capire alle persone che c’ero anche io in campo. Sapevo di non essere il perno della squadra e che avrei dovuto sempre lavorare. Non sono mai stato sotto i riflettori, ero sempre dietro le quinte. Nessuno diceva: ‘Ah, in quella squadra c’è Koné’. Quindi ho sempre dovuto dimostrare il mio valore”.

Che tipo di giocatore sei?
“Mi piace correre, difendere e dare tutto per la squadra. La gente mi vede maggiormente come un centrocampista difensivo, ma non vedono il mio lato offensivo, che è abbastanza buono. Penso di avere una buona tecnica sotto pressione, inoltre so portare il pallone dalla difesa all’attacco. Il problema è che non calcio così bene (ride, ndr), ma con il tempo migliorerò anche sotto questo aspetto. Non voglio dire di essere un calciatore completo, ma so fare un po’ di tutto. Non sono un grande dribblatore, ma quelle giocate le faccio sin da bambino”.

La nazionale?
“Quando vengo chiamato in nazionale cerco di fare ciò che il mister mi chiede. In campo ognuno deve fare il proprio lavoro per raggiungere. Sono sempre calmo e mi sono ambientato bene, dato che sono qui da circa un anno. Parlo e rido con tutti. Le persone possono pensare che io sia un ragazzo freddo, ma in realtà sorrido spesso e mi piace scherzare. Con me nessuno si annoia”.

Le tue origini?
“Sono nato nel quartiere La Garenne-Colombes, lì ho i migliori ricordi dell’infanzia nonostante non fosse tutto perfetto. Ho dei familiari che vivono ancora lì e tutti i miei amici sono lì. Anche il mio torneo, la MK Cup, si gioca lì. Sin da bambino sognavo di organizzare questo torneo e l’ispirazione proviene da William Gallas, il quale organizzò un torneo nella mia città. Fu un sogno per me. Questo torneo mi permette di riconnettermi ogni anno con la mia città”.

La tua carriera?
“Ho iniziato al Paris FC, poi sono andato al Tolosa e ci sono rimasto per 5/6 anni. Dopo mi sono trasferito al Borussia Mönchengladbach e ora sono alla Roma. Ho conosciuto diverse culture e modi di vivere. A Roma anche il cibo è differente rispetto alla Francia e alla Germania. Il tedesco è molto complicato, capivo poche parole. Sono alla Roma da un anno e capisco praticamente tutto, a volte mi capita di parlare anche in italiano. Anche dal punto di vista calcistico c’è molta differenza tra Germania, Francia e Italia. In Serie A c’è un calcio più difensivo e devi pensare a più cose. Bisogna adattarsi e migliorare”.

Il tuo motto “En mission”?
“Si tratta di un modo di dire ed è nato con un mio amico durante un allenamento. Un giorno abbiamo avuto una discussione, ci siamo guardati e ci siamo detti: “In missione”. Per me è un bello slogan, dato che rispecchia il nostro percorso e anche quello dei nostri genitori, i quali hanno dato tutto per noi. Siamo in missione per tutto, anche in campo. Uso questo motto come motivazione e significa che in qualsiasi caso darò tutto. Fino a quando sarò un calciatore, sarò in missione in campo”.

Cosa significa il calcio per te?
“Passione. Da bambino ero in grado di fare delle pazzie, come lasciare casa a mezzogiorno per tornare alle nove di sera pur di giocare a calcio. Ho sempre amato questo sport, anche a scuola ho sempre giocato a calcio. La passione è alla base del calcio, se viene meno ti senti perso”.

Le Olimpiadi di Parigi?
“Bellissimo partecipare alle Olimpiadi, soprattutto perché si svolsero a Parigi. Fu una sensazione incredibile, non me lo sarei mai aspettato. I tifosi ci hanno sostenuto sin dalla prima partita, siamo arrivati in finale ed era tutto perfetto. Alla fine abbiamo perso, ma abbiamo comunque conquistato la medaglia d’argento. Ho legato con molti calciatori di quel gruppo come Mateta, ma anche con Olise, Doué, Akliouche, Badé. Inoltre è stato un orgoglio avere Henry come ct. Molti giocatori di quel gruppo ora sono nella nazionale maggiore e continuano ad avere un rendimento di alto livello”.

CRISTANTE: “Voglio restare alla Roma, la mia volontà è quella di prolungare. Ho ritrovato il solito Gasp, ora sta a noi seguirlo”

IL TEMPO (F. BIAFORA – L.PES) – Leader onnipresente e interprete affidabile per chiunque sia passato per Roma negli ultimi sette anni. Ma, soprattutto, da qualche tempo anche capitano della Roma. Bryan Cristante si racconta in esclusiva a Il Tempo tra il desiderio di continuare un viaggio ancora lungo da vivere e le ambizioni ritrovate con il maestro Gasperini. Il centrocampista azzurro sa certamente come ripartire dopo il ko col Milan a San Siro.

Come si riparte dopo una sconfitta così dura da digerire?

«Quando giochi contro squadre forti diventa difficile dominare per tutta la partita, ci sta che ci siano varie fasi. Abbiamo giocato una grande partita ma come sempre nei big match sono i dettagli a fare la differenza. Dovevamo concretizzare di più».

Avete avvertito la pressione di poter andare in testa da soli vincendo a San Siro?

«Assolutamente no, penso che si sia visto in campo altrimenti non vengono fuori prestazioni del genere. Siamo entrati con la testa giusta sin dal primo minuto e abbiamo imposto il nostro gioco, poi anche gli avversari prendono le misure e non è mai facile essere al massimo per novanta minuti. Penso che nel complesso sia stata una partita molto buona».

Come giudica questo avvio della squadra? A che punto è di questo nuovo percorso?

 «L’inizio è ottimo. Siamo lì davanti a un punto dalla prima, abbiamo cominciato nel migliore dei modi. Con il cambio di allenatore abbiamo modificato il nostro modo di giocare e c’è anche l’inserimento dei nuovi da considerare. Ma ci siamo adattati abbastanza velocemente alle richieste del mister e siamo in crescita».

Lei conosce bene Gasperini. Quanto è cambiato rispetto alla sua prima esperienza e in cosa è migliorato?

«È un allenatore che ha sempre avuto concetti chiari, cosa che aiuta noi calciatori nell’apprendimento. Ha avuto la possibilità di allenare tanti giocatori maturando una grandissima esperienza. Sa gestire alla perfezione il gruppo e riesce a toccare i tasti giusti nelle richieste individuali: sa come far rendere al massimo ognuno di noi. Ho ritrovato il solito Gasperini, carico e con la sua idea di gioco forte. Ora sta a noi continuare a seguirlo».

È diventato un grande allenatore?

«Sì, ma lo è sempre stato. Ero all’Atalanta nel suo primo anno e arrivammo subito quarti. Non era certo un emergente quando l’ho conosciuto, era un allenatore già forte. Ha maturato esperienza riuscendo anche a vincere un’Europa League. Sa perfettamente dove può arrivare con le sue squadre».

C’è qualcosa che lo rende speciale?

«È chiaro e diretto. Ha concetti precisi e idee ben definite, sa arrivare dritto al punto. Ti fa capire esattamente cosa vuole da te e come bisogna interpretare le sue idee, arriva in maniera molto chiara e semplifica il lavoro a tutti: ognuno sa cosa deve fare in campo e tutto diventa più semplice».

In queste ultime settimane è tornato a fare il trequartista. Si sente a suo agio in quel ruolo?

«Non lo facevo da un bel po’ di tempo ma mi sono trovato bene, per come lo chiede il mister è molto più centrocampista che attaccante. Come ho sempre detto mi trovo bene a giocare a centrocampo, in qualunque posizione, ma sicuramente è lì che riesco a esprimermi al meglio».

Con l’arrivo di Gasperini è cambiato il criterio di assegnazione della fascia e ora, di fatto, è lei il capitano della Roma. Come si sente?

«Portare la fascia è sempre un onore soprattutto a Roma. In realtà per me è cambiato poco, negli ultimi anni tra assenze e infortuni ci siamo alternati in tre o quattro calciatori che rappresentano il nucleo storico della squadra. Sono tanti anni che siamo qui, conosciamo bene la piazza e il club. Questo ovviamente ci aiuta e soprattutto aiuta i nuovi che arrivano. Più che essere io il capitano siamo un gruppo di leader che indossa insieme la fascia».

Tra gli alti e bassi di questi anni ora per lei sembra un buon momento sia per rendimento che nelle considerazioni della piazza. In passato, però, ci sono stati momenti difficili…

«Come ho sempre detto e dirò sempre ho la fortuna di riuscire a guardare solo il campo. Dalla partita al centro di allenamento e ascolto i giudizi dell’allenatore o del direttore sportivo. Fuori guardo e ascolto il meno possibile e cerco di restare concentrato sul lavoro quotidiano. Per me conta solo la partita e questo nel corso degli anni mi ha aiutato molto a mantenere l’equilibrio che penso sia un aspetto fondamentale della carriera di un calciatore».

Si parla spesso di “senatori”, lei come vive questo racconto che si fa dei leader?

«Lo vivo bene. Poi capitani, senatori, esperti o vecchia guardia importa poco, comunque la vogliate mettere. Abbiamo vissuto tante situazioni qui e penso che abbiamo le spalle larghe. Abbiamo creato un bel gruppo anche fuori dal campo, siamo amici e ci frequentiamo con le famiglie. In campo poi cerchiamo di dare il massimo e, soprattutto, di dare l’esempio».

Ha parlato di momenti difficili. Forse quello più duro è stato l’inizio della scorsa stagione, poi è arrivato Ranieri…

«Ci ha regalato tanta serenità. È riuscito a farci tirar fuori nuovamente tutto il nostro valore, ci ha restituito conoscenza di noi stessi e siamo tornati sui livelli che ci aspettavamo. Ha fatto un grande lavoro e continua a farlo ancora oggi, viene spesso a Trigoria, si fa vedere. Sa sempre dire la parola giusta al momento giusto».

A proposito di struttura societaria, quanto conta per voi. Oggi c’è un’identità riconoscibile a Trigoria

«Mi sembra che ci siano i tasselli giusti. I problemi arrivano quando ci sono dei terremoti interni, soprattutto durante le stagioni. I grandi cambiamenti societari, seppur per poco tempo, lasciano sempre un vuoto».

Un bel terremoto è stato l’addio di De Rossi. Avete il rimpianto di non aver potuto proseguire quel percorso? Quanto è stato importante per lei?

«È un’esperienza che abbiamo vissuto male, penso si sia anche visto dall’esterno. Avremmo voluto portare avanti quel percorso sia per Daniele, che reputo un grande allenatore e penso possa fare una grandissima carriera, che per tutti noi. L’ho sempre ringraziato per le belle parole che ha speso per me».

Ha ritrovato la Nazionale, che effetto le fa? Sente il peso della qualificazione ai Mondiali?

«Andare a Coverciano e indossare la maglia azzurra è sempre un orgoglio enorme, fa parte degli obiettivi di un calciatore. Il Mondiale pesa tanto, ma non ci sono altre strade, bisogna vincere il playoff e andare. Bisogna farlo e basta».

Ha conosciuto Spalletti giovanissimo nel suo ultimo anno al Genoa. Com’è oggi nelle vesti di ct?

«Ho trovato un allenatore preparato e che ha dato una bella scossa all’Italia. Non è facile in una settimana tirare fuori il massimo da ragazzi che vengono da tutta Europa, si gioca ogni tre giorni e c’è poco tempo. È un ruolo diverso da quello di allenatore ma lui lo interpreta alla grande».

Ad un certo punto però sembrava che Ranieri potesse diventare ct…

«Anche lui era ed è un allenatore molto empatico, che tocca le corde giuste perciò l’avrei visto molto bene ma il rapporto che ha con Roma e con la Roma è troppo importante e averlo qui è sempre un piacere».

Domani torna l’Europa. Non avete iniziato benissimo, come mai questa fatica nelle prime fasi?

«Non sono mai gare facili, quando giochi partite decisive ogni tre giorni la gestione diventa complicata. Abbiamo sempre dato il massimo arrivando in fondo ma domani è una partita fondamentale per continuare il percorso, ci siamo già giocati i nostri jolly».

A giugno del 2027 scadrà il suo contratto. Ha già un’idea per il futuro? C’è stato qualche contatto per il rinnovo?

«Voglio restare ancora. Ci sono tante cose da fare quindi la mia volontà è quella di prolungare, per ora sono concentrato sul campo. Qualcosina c’è stato con la società ma di queste cose si occupa il mio procuratore. Di certo io voglio continuare con la Roma, poi vediamo cosa succederà».

La scorsa stagione tra agosto e gennaio però poteva andare via, ne parlò anche il suo procuratore. Com’è andata davvero?

«Non ho mai ricevuto chiamate né proposte per andare via o qualcuno mi ha mai detto “facciamo la borsa e andiamo”. Poi il mercato lo conoscete meglio di me, a volte ci sono cose che neanche noi sappiamo, ma io direttamente non ho mai saputo nulla. In ogni caso la mia volontà è sempre stata quella di continuare il mio percorso qui e lo spero ancora».

Neanche una piccola possibilità alla fine dello scorso mercato estivo dopo gli arrivi di Le Fée e Koné?

«Assolutamente no, quelle sono trattative che fate voi (ride, ndr)».

Impressioni sui nuovi acquisti?

«Wesley sta facendo benissimo. Lo conoscevo poco ma è un ottimo giocatore. Vale lo stesso per El Aynaoui e lo sta dimostrando. È ancora in una fase di ambientamento e cerca di interpretare al meglio le richieste dell’allenatore ma quando gioca dimostra sempre il suo valore. Ferguson ha avuto questo infortunio ma io penso sia un ottimo attaccante. Anche Ghilardi pian piano dimostrerà quanto vale. Il mister chiede tanto ai più giovani ma allo stesso tempo dà tanto. Se lo segui le chance arrivano, anche se magari ci vuole un po’ più di tempo».

Che consigli dà ai più giovani che arrivano a Roma?

«Sempre lo stesso: lavorare! Non guardare cosa succede fuori, anche se so quanto sia difficile, ma io devo dare consigli giusti e che funzionano, non quelli facili. Chi fa bene in allenamento sicuro rende meglio in partita e tutto diventa più semplice. Quella resta la parte fondamentale del nostro lavoro: convincere in campo allenatori e compagni».

Ha detto che vorrebbe rinnovare perché c’è ancora tanto da fare. Dove può arrivare la Roma con Gasperini?

«L’obiettivo è lottare stabilmente per vincere. Siamo in crescita e abbiamo un allenatore forte che negli ultimi anni ha sempre portato la sua squadra nelle prime quattro. È chiaro che poi vince solo una squadra e sono i dettagli a fare la differenza. Ma noi dobbiamo combattere sempre per i primi posti e penso che ci sarà la possibilità anche grazie agli investimenti della famiglia Friedkin e alle ambizioni di allenatore e di noi calciatori».

PELLEGRINI: “Non darò mai anche solo l’1% in meno fino a quando sarò qui. Ho pensato di andare via. Futuro? Ora c’è da giocare”

IL ROMANISTA (T. CAGNUCCI – D. LO MONACO) – Torna a parlare Lorenzo Pellegrini. Il numero 7 della Roma ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano a tinte giallorosse. Tanti i temi: dall’amore per la Roma al futuro. Le sue parole:

Lorenzo, partiamo dalla fine: da Milano. Hai visto dove stava andando la punizione? Hai avuto modo di rivederla? Andava all’incrocio dei pali…
«Purtroppo sì. Lì per lì però uno vede che è fallo di mano, che è rigore… E si è contenti. Si pensa: “Va bene anche così”. Poi è successo quello che è successo. Però ci sono tanti spunti positivi da prendere nella partita di Milano. Io sto qua da dieci anni, poche volte ho visto la Roma giocare così a San Siro e secondo me siamo sulla strada giusta. Poi è normale, bisogna dare il tempo giusto alle cose, per poter apprendere ciò che ci chiede il mister. Io sono convinto che questa sia la strada giusta».

Vi trovate bene in campo? All’inizio delle partite sembra che dobbiate sempre capire un po’ dove siete… E avete faticato. Avete assimilato il gioco di Gasperini? Vi ci state trovando?
«Secondo me sì. Le difficoltà tattiche dipendono anche dagli altri. Come col Lille: abbiamo perso e fatto fatica, inizialmente, dato che loro avevano uno dei giocatori tra le linee e bisognava andare a prenderlo diversamente da come avevamo preparato. Poi si lavora su quella che è la preparazione della partita. Per quanto ci riguarda, sempre in corrispondenza degli avversari. A volte, non accade ciò che ci si aspetta e serve qualche minuto per capire bene che cosa sta accadendo. Ma siamo sempre riusciti a rimettere la partita sui binari giusti. Anche a Milano, contro un Milan che si chiude bene, riparte e ha una squadra di livello, ci siamo messi lì e abbiamo giocato. Nel primo tempo c’è stata una grande mezz’ora; poi abbiamo sofferto negli ultimi 10’ e siamo andati così così all’inizio della seconda frazione. Ma poi la gara è stata abbastanza a senso unico».

(…)

Gasperini vi parla del vostro obiettivo? Lui ha parlato di obiettivi tecnici ed economici. E sembra non precluda nulla…
«Perché dovremmo precludere qualcosa? Siamo tutti i giorni qui, lavoriamo tanto per cercare di migliorarci e di far andare bene le cose. Il mister ci dice cose in cui io credo, ovvero che dobbiamo concentrarci sul campo. Col Milan abbiamo fatto 20 tiri in porta, 30 cross e zero gol. Sono quelle le cose in cui dobbiamo migliorare. Essere più cinici, tante volte, è anche un discorso di testa. Spesso ci si fissa: “Ora non entra…”. Invece no. Gasperini dice di migliorarci sulle cose in cui dobbiamo migliorare; tutto ciò che riguarda l’impegno, la dedizione, la determinazione. Nelle ultime cinque partite, anche il modo di giocare è cambiato in positivo. Poi, fra un po’ di tempo, ci daremo un obiettivo più concreto. Parlare adesso è anche un po’ inutile».

Hai detto di aver visto raramente una Roma come quella di Milano…
«Con Daniele (De Rossi, ndr) la vidi. È la verità. In Europa League».

Gasperini è diverso come allenatore? Vi fa lavorare più degli altri?
«Sì. Ci fa lavorare, cerca di farci entrare anche a livello mentale nel suo modo di vedere il calcio. Per questo dico che siamo sulla strada giusta: è passato poco tempo, ma già si notano tante cose diverse da quelle di prima. Anche le richieste lo sono».

(…)

E tu che rapporto hai con Gasperini? Ora non hai più la fascia, ma stai giocando e sembra che ti tratti con onestà e quasi ammirazione…
«È la verità. Anche negli anni scorsi, quando io portavo la fascia la domenica, ho sempre detto che la fascia è di chi la porta tutti i giorni. Di chi non viene mai un minuto in ritardo a Trigoria, perché è una questione di rispetto verso se stessi e verso tutti i professionisti che sono qui. Di chi ha sempre un atteggiamento propositivo coi compagni. Di chi non si preoccupa solo di se stesso, ma del bene del gruppo. Questo per me è essere un capitano e quello che ho provato sempre a essere. Non solo quando avevo la fascia al braccio, è uguale oggi che non ce l’ho».

In estate, tra l’altro, Gasperini ha parlato di te. E ha detto che la questione del tuo “recupero” doveva essere condivisa da società e tifosi. Che effetto ti hanno fatto quelle parole?
«Secondo me il mister è una persona molto schietta, lo apprezzo tanto per questo. Ci siamo confrontati quando ero ancora infortunato e lavoravo a parte. Una volta rientrato in squadra, mi ha sempre trattato come uno degli altri, senza problemi. Io non so che voci gli fossero arrivate… Né lui, né io siamo persone che hanno bisogno di parlare un’ora tutti i giorni. Però, quando ci si parla, si dicono le cose come stanno. Poi basta. Si è chiuso il calciomercato, sono rimasto qui e abbiamo lavorato in campo».

Sei rimasto qui, ma hai avuto la possibilità di andare via? Ci sono state offerte? Ci hai pensato?
«Ci ho pensato, ovviamente. E più che offerte, ci sono stati interessamenti. Ma comunque quell’infortunio è stato troppo determinante in quel momento. Ancora non mi allenavo con la squadra; ho fatto la prima panchina simbolica a Pisa, dopo essermi allenato una volta con gli altri. In più, sono uno a cui non piacciono le cose fatte all’ultimo: se devo fare una cosa, devo pensarci bene, essere convinto di ciò che faccio».

Ora non c’è più da pensarci…
«No, ora no (ride, ndr). Ora c’è da giocare. Poi, quel che sarà, sarà».

(…)

Parlavi di De Rossi prima.
«Per me Daniele è e sarà un grande allenatore. Spero che a breve possa tornare in panchina, perché quello che ho visto in lui sul campo – e non parlo di lui fuori dal campo, dato che tutti conoscono il nostro rapporto – lo fa apparire ai miei occhi come un allenatore importante. Forte, preparato. Che studia bene l’avversario e che mette il giocatore nelle condizioni di entrare, la domenica, e sapere tutto ciò che succede. Era facile giocare con lui allenatore».

Raccontaci di quando hai cacciato Mourinho…
«Sì… (ride, ndr). A me piaceva Mourinho. Quello che è accaduto, e che mi è stato detto, è che a lui quando è andato via è stata raccontata una cosa che non era vera. Ma io non potevo lasciar correre questa cosa così, per il rapporto che ho con lui».

Con lui poi, nell’anno della Conference, hai fatto una grande stagione…
«Quelle sono le cose che rimangono. La coppa è storia. Poi ci fu la mia grande stagione… Ma è proprio il rapporto che rimane. Il giorno stesso ho preso il telefono e ho chiamato Mourinho».

Ti ritieni un ragazzo introverso?
«Mah, introverso… Sicuramente non sono uno “stupidino”. Per me la romanità non è essere stupidini o frivoli. Ma venire qui tutti i giorni, dare il 100%. Io non sarò mai Totti, non sarò mai De Rossi. Sono Pellegrini. Non darò mai anche solo l’1% in meno fino a quando sarò qui. Ma non parlo della domenica. Parlo di ciò che accade tutti i giorni qui, a Trigoria».

E perché la gente ce l’aveva con te, per un periodo? Per il fatto che eri tu il capitano? Per la storia di Mourinho?
«Magari sì, magari un po’ tutto. Poi bisogna essere onesti, e io lo sono: quella dell’anno scorso è stata una stagione brutta brutta. Anche al livello delle prestazioni, del giocatore, del professionista. Lasciamo stare Lorenzo, la Roma, la romanità. È stata una stagione brutta. Quello ci sta. Se vengo criticato per la prestazione, è un discorso. Siamo professionisti, è lecito. Io come giocatore posso piacere, non piacere, stare o non stare simpatico. La cose che mi manda in bestia è che dentro questa città si parli di cose che non accadono mai. Che succedono al di fuori, nella testa di qualcuno. E da quella testa, quella cosa riesce a entrare in altre cinquantamila teste. È quello il problema».

(…)

Anzi. La cosa più bella che hai fatto con la maglia della Roma è…
«La corsa in Roma-Venezia…».

(…)

C’è stato un momento difficile che hai attraversato a livello personale l’anno scorso e che magari ha inciso sul tuo rendimento.
«Sì perché a un certo punto alle chiacchiere inventate su di me ho dovuto sopportare anche la scomparsa di mia nonna, a cui ero legatissimo. Nonna Michelina. Non è stato facile e forse ne ho risentito».

Ci racconti il rapporto con la Curva Sud? Anche nelle contestazioni, i fischi non sono mai arrivati da quella parte di stadio…
«Io nella Sud mi riconosco tanto. Se ti devono dimostrare il loro dissenso, te lo mostrano a fine partita. Per una sconfitta o per una prestazione non all’altezza della maglia che indossi. Non per partito preso o per sentito dire. Cose non vere, tra l’altro. Quindi mi riconosco nel loro modo di ragionare, anche nel fatto che se c’è un momento difficile è quello il momento di non disunirsi e restare insieme. Mio padre mi dice sempre che tifava la Roma quando arrivavamo 17esimi o 16esimi… la Roma si tifa a prescindere. Non si discute, si ama. Poi se vogliamo, possiamo stare 15 ore a parlare della tattica, del tiro di piatto… la verità è che uno nei momenti difficili vede davvero quali sono le persone che ci tengono. Gli altri non li calcolo proprio».

(…)

Qual è il tuo sogno da calciatore adesso?
«Il mio sogno adesso? (Ci pensa un po’, ndr). Il mio sogno è capire di che livello sono. Il mio sogno era giocare per la Roma e vincere con la Roma. Ho avuto la fortuna di realizzarlo, vincere è sempre un sogno, poi con questa maglia… Ma la mia romanità è amare la Roma a prescindere».

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NDICKA: “Stupito dai tifosi, amo vivere la passione che c’è a Roma. Siamo uno spogliatoio molto unito”

IDEALISTA.IT – Evan Ndicka è il protagonista della nuova puntata del terzo ciclo della rubrica ‘A casa dei campioni’, realizzata dal sito dedicato al mondo dell’immobiliare. Ecco le dichiarazioni del difensore centrale ivoriano sulla sua avventura alla Roma.

Sei nato in Francia da padre camerunense e madre ivoriana, ti sei trasferito da giovanissimo per giocare in Germania, dal 2023 sei a Roma. Sei veramente un cittadino del mondo: qual è il posto che definisci “casa” ad oggi?
“Devo dire che ogni posto in cui ho vissuto fino ad oggi mi ha trasferito sicurezza e insegnato qualcosa di diverso. In Francia sono nato e cresciuto, in Germania sono andato a 19 anni e ho avuto a che fare con una cultura differente, che ha arricchito il mio carattere. In Italia, a Roma, ho conosciuto una consapevolezza ancora più grande, sia dal punto di vista umano, sia dal punto di vista calcistico e professionale”.

Sei alla tua terza stagione in giallorosso. Hai imparato a conoscere bene la città? Qual è la tua zona di Roma preferita?
“Devo dire che tra i diversi impegni sportivi, partite con il Club e nazionale, è difficile ritagliarmi del tempo per visitare la città, ma naturalmente da quando sono qui alcune passeggiate per le vie di Roma me le sono concesse. E il centro è davvero meraviglioso”.

Qual è la cosa che ti ha stupito di più di questa città?
“Senza dubbio la passione della gente per la squadra e il grandissimo trasporto che i tifosi hanno per la Roma. Lo percepisci in ogni momento della giornata, andando anche al supermercato a fare la spesa. Un amore autentico, travolgente, che ti coinvolge in ogni momento, non soltanto durante le partite nel nostro stadio o in trasferta”. […]

Quali sono i compagni di squadra con cui passi più tempo? E se dovessi scegliere un coinquilino, chi sarebbe?
“Mi sento a mio agio con tutti, perché siamo davvero uno spogliatoio molto unito. Se devo citarne due, dico Manu Kone e Neil El Aynaoui, con i quali parlo in francese. Sarebbero ottimi coinquilini, anche se Manu ospita troppa gente in casa sua… (ride, ndr)”. […]

Qual è il momento a cui sei più legato da quando giochi nella Roma?
“Non c’è un momento particolare, ma devo dire che amo vivermi la passione della piazza, della città, in ogni partita allo stadio con la nostra gente a riempire l’Olimpico ogni volta”.

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CELIK: “Gasperini ci chiede di essere aggressivi. Futuro? Sono contento qui” (VIDEO)

SKY SPORT – Domani alle ore 21 va in scena allo Stadio Olimpico il match tra Roma e Viktoria Plzen, valido per la terza giornata della fase campionato di Europa League. Dopo aver parlato in conferenza stampaZeki Celik ha rilasciato alcune dichiarazioni anche all’emittente televisiva. Ecco le sue parole alla vigilia della gara:

Cos’è cambiato in difesa con Gasperini?
“Il mister ci vuole aggressivi e vuole che attacchiamo bene, questo aiuta per non subire gol”.

Vi ha fatto rivedere tante volte il gol subito con l’Inter?
“Sì, lo abbiamo guardato come sempre e abbiamo analizzato. Abbiamo visto cosa dobbiamo fare, sperando che non ricapiti più”.

Sei diventato un titolare intoccabile, ti vedi a lungo a Roma nel futuro visto il contratto in scadenza?
“Sono contento qui, lavoro duramente ogni giorno e sono concentrato sul campo. Devo fare sempre buone prestazioni, vediamo che succede”.

Che match ti aspetti con il Viktoria Plzen?
“È una squadra forte con giocatori veloci in attacco, dobbiamo stare attenti e vincere la partita”.

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GASPERINI: “Cristante e Ndicka a riposo per allenarsi regolarmente. Attacco? Sono convinto che sapremo fare qualcosa di buono” (VIDEO)

SKY SPORT – Domani alle ore 21 va in scena allo Stadio Olimpico il match tra Roma e Viktoria Plzen, valido per la terza giornata della fase campionato di Europa League. Dopo aver parlato in conferenza stampaGian Piero Gasperini ha rilasciato alcune dichiarazioni anche all’emittente televisiva. Ecco le sue parole alla vigilia della gara.

Quali sono le insidie di questa squadra alla luce delle difficoltà del calcio italiano in Europa viste anche ieri?
“Partite come quelle di ieri fanno capire come giocare in Europa comporti rischi a tutti i livelli, e non solo quando giochi contro le squadre più blasonate. Nei vari campionati ci sono club molto preparati sia sotto l’aspetto atletico che tecnico”.

Quali valutazioni l’hanno portata a tenere fuori Cristante e Ndicka?
“E’ dovuto solo al fatto che ultimamente hanno sempre giocato, visto che siamo al completo – a parte Angeliño – approfittiamo della settimana per dargli la possibilità di allenarsi regolarmente”.

Quanto è cresciuta la fase offensiva contro l’Inter? E chi sta meglio tra Dovbyk e Ferguson?
“Con l’Inter c’è stata una bella reazione dopo un gol preso molto presto. La squadra ha saputo creare occasioni, ma questo per noi non è un momento favorevolissimo nelle conclusioni. Anche domani servirà far vedere di avere valore in attacco, e realizzare meglio. Dovbyk e Ferguson? Per tutte le squadre in attacco si alterna e si ruota spesso”.

Cosa può dare Bailey?
“Ha caratteristiche diverse gli altri attaccanti, ha velocità e tiro, è abituato a giocare molto esterno ed è rientrato da pochi giorni. Con Soulé, Dybala e tutti gli attaccanti che abbiamo sono convinto che sapremo fare qualcosa di buono”.

In conferenza ha detto di non sapere che l’arbitro di domani è quello di Bruges-Atalanta…
“Era stato un brutto episodio quello sì (ride, ndr). In Europa, poi, è davvero difficile vedere rigori del genere. Ma il fatto che io non controlli chi sia l’arbitro fa capire che, finite le partite, vado oltre”.

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GASPERINI: “Il nucleo della squadra? L’obiettivo è coinvolgere gradualmente tutti i calciatori. Contro l’Inter mi aspetto una prestazione coraggiosa e competitiva” (VIDEO)

SKY SPORT – Domani alle ore 20:45 va in scena allo Stadio Olimpico il big match tra Roma e Inter, valido per la settima giornata di Serie A. Dopo aver parlato in conferenza stampa, Gian Piero Gasperini ha rilasciato alcune dichiarazioni anche all’emittente televisiva. Ecco le sue parole alla vigilia della gara.

Roma-Inter può essere uno spot per il calcio italiano?
“È quello che ci auguriamo tutti, entrambe le squadre cercano il risultato attraverso il gioco. Può venire fuori una bella partita per il pubblico e questo è un obiettivo di tutti”.

Che momento è per la Roma? E che prestazione si aspetta?
“Mi aspetto una prestazione coraggiosa e competitiva contro una delle migliori squadre in Europa. È un confronto che può darci la misura del nostro momento e del nostro valore. Ci siamo conquistati di giocarla in una posizione ambiziosa, conosciamo il loro valore e sarà una serata attesa per i tifosi”.

C’è un blocco che ha contribuito a dare identità alla Roma…
“Mi sono affidato inizialmente a loro, lo ritengo importante perché sono giocatori abituati a stare insieme. Ora sto cercando di inserirne altri con maggiore minutaggio e devo dire che stanno rispondendo bene. L’obiettivo è coinvolgere gradualmente tutti quanti”.

Tutti quanti li avrà sempre nelle ultime ore dopo la sosta…
“Questa è una situazione alla quale siamo abituati e riguarda tutte le squadre. Questo comporta di organizzare una partita così importante all’ultimo giorno. La prima gara dopo la sosta è sempre una incognita”.

Che tipo di riconoscibilità diversa ha l’Inter di Chivu?
“È un allenatore che ha dato subito un’identità diversa rispetto a Inzaghi. Ha dato una pressione più alta alla squadra e anche una capacità offensiva, ci lavora molto. Si vedono già differenze, mi piace molto quello che sta facendo. Non era facile entrare dopo Inzaghi. Sta lavorando con qualità e personalità”.

Lautaro affronta la miglior difesa del campionato…
“E noi affrontiamo uno dei top mondiali… Questo è uno dei motivi per cui sabato sarà una partita che tutti aspettano”.

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