Post Match – La solitudine del numero 11

LR24 (MIRKO BUSSI) – Artem Dovbyk domenica ha fatto uno con uno. Un gol su rigore e un tiro a disposizione, quello sfiatato nel secondo tempo, non rientrando il colpo dal dischetto nella statistica. Ci sta facendo l’abitudine l’attaccante arrivato in estate con la corona di Pichichi della Liga: in metà delle partite giocate alla Roma, 14 su 28, ha infatti avuto a disposizione al massimo un tiro. Soltanto due attaccanti di riferimento della Serie A possono lamentarsi maggiormente sulle scorte a disposizione: Lukaku e Pohjanpalo.

20 attaccanti centrali, uno per ogni squadra di Serie A, scegliendoli in base a minutaggio e utilizzo in campo: dal capocannoniere Retegui a Djuric, passato ora al Parma ma principale riferimento del Monza nella prima parte di stagione, solo il Napoli con Lukaku e il Venezia con Pohjanpalo offrono meno rifornimenti rispetto a quanto la Roma fa con Dovbyk.

2,02 a partita i tiri a disposizione di Dovbyk finora, che tradotti fanno un gol ogni 0,16 conclusioni, ad una distanza media di 13,3 metri dalla porta: questo il quadro clinico delle finalizzazioni del numero 11 romanista. Chi si riempie la pancia di tiri, in Serie A, è Krstovic che calcia in media 4,33 volte ogni 90 minuti. Subito dietro di lui c’è il terminale dell’Atalanta, Retegui, che ha raccolto i suoi 16 gol finora grazie a 4,18 tentativi a partita. Poi Castellanos, con 4,09, Vlahovic a 3,50, i 3,46 di Kean e i 3,40 di Lautaro. L’unico, tra le grandi, vicino ai numeri di Dovbyk è Alvaro Morata, fermo a 2,21 tiri a partita.

La motivazione è facilmente riconducibile nell’utilizzo che fa la Roma di Dovbyk, bersagliato da frequenti giocate lunghe in cui deve fare da ponte per accedere all’area di rigore o, quantomeno, nei pressi. Un esempio arriva anche da domenica, quando il tiro di Rensch, tra le principali occasioni del primo tempo, preparato proprio grazie al lavoro da vertice di Dovbyk, raggiunto dal passaggio lungo di Angelino.

L’unico tiro avuto a disposizione da Dovbyk domenica pomeriggio è arrivato con l’ingresso di Shomurodov. E non appare casuale: sulla giocata lunga di Pellegrini, stavolta, era l’uzbeko a contendersi il duello aereo con l’ucraino pronto a raccogliere la seconda palla, poi annacquata da una macchinosa preparazione al tiro. Senza modificare profondamente la natura della squadra, che fatica a raggiungere con continuità zone di rifinitura tramite costruzioni più articolate e lasciando Dovbyk sul davanzale della profondità, la possibilità di dividersi il lavoro di recluta di duelli aerei con un collega pare migliorare le condizioni di vita dell’attaccante della Roma.

Il confronto col Girona aiuta a contornare ancora le differenze: se Dovbyk poteva fare principalmente il finalizzatore d’area, col 30,6% dei tocchi registrati nelle aree avversarie della Liga, alla Roma è ultrastimolato fuori dai sedici metri, con il dato che scende appena al 22,6%. L’alternativa, allora, arriva nuovamente dal registro di Udine: senza voler raggiungere le più complesse zone di rifinitura centrali dove poterlo azionare in profondità, una serie di rifornimenti esterni tra cross o traversoni, come quello di Pisilli che gli varrà un gol poi annullato, potrebbero almeno saziarne la fame d’area di rigore.

Post Match – Quanto sposta Saelemaekers

LR24 (MIRKO BUSSI) – La chiave che ha aperto Roma-Genoa è stata girata da destra, lo stesso lato da cui era stato dipanato il Bologna per il momentaneo 0-1 e, sempre da lì, erano arrivate le fortune nel 2-0 del derby. Lì dove ha traslocato Saelemaekers, che al rientro dopo l’infortunio ha inizialmente occupato zone più offensive, comunque sempre partendo da destra, per poi scivolare più indietro, fino a toccare i fili elettrici di un ruolo che negli anni ha polverizzato la credibilità popolare di diversi avventori succedutisi.

Saelemaekers, invece, in una manciata di partite ha riempito i vuoti, con 3 gol e 2 assist partendo da lì, escludendo quello col Lecce dunque, e, in questo modo, ha spiegato anche perché i vari terzini riciclati nel ruolo erano finiti in cortocircuito.

L’elettricità e la varietà di soluzioni che inevitabilmente ha un giocatore dal dna offensivo come il belga rispetto a un canonico terzino, ha permesso alla Roma di trovare slancio in un settore che viene facilmente illuminato anche dalla prossimità di Dybala, sempre più libero nelle sue scelte di posizionamenti ma comunque mantenendo la preferenza di quegli spiazzali sul centro-destra. L’abilità in uno contro uno di Saelemaekers, la sua rapidità nel breve oltre alla capacità di relazionarsi ai compagni offensivi hanno allargato e, anzi, quasi spostato la Roma sul lato destro.

Come succede venerdì, quando il possesso romanista finiva per accumulare 8 giocatori nella metà più a sinistra del campo: da qui, il rapido innesco partito da Dybala e assecondato poi da Mancini, che in più si sovrappone, ha permesso a Saelemaekers di preparare nel migliore dei modi il cross destinato a Pellegrini e poi corretto definitivamente in rete da Dovbyk.

Un cambio di abitudini, per la Roma, che esce nitidamente anche dalla mappa dei tocchi dei giallorossi nelle ultime partite. Contro il Genoa, venerdì sera, il maggior numero di tocchi negli ultimi metri avversari è arrivato proprio dalla corsia destra. Lo stesso si vede anche dalla mappa dei tocchi registrata a Bologna dove saranno addirittura 86 i palloni gestiti nella parte più offensiva della corsia destra rispetto ai 50 manovrati sul lato opposto. Il dato trova coerenza in tutte le ultime 8 partite di campionato della Roma, con l’unica eccezione del derby, a partire dalla gara con l’Atalanta che ha visto il ritorno in campo dell’esterno di proprietà del Milan.

Prima che tornasse Saelemaekers, invece, la Roma pendeva a sinistra, con le ultime 2 partite di Juric oltre al debutto di Ranieri a Napoli, che vedono la corsia mancina come quella dove i giallorossi gestivano il maggior numero di palloni negli ultimi metri avversari.

L’annosa ricerca di un esterno destro dovrebbe vedere un nuovo capitolo a breve con Devyne Rensch, almeno a dar retta alle indiscrezioni più recenti. Un profilo che, se forzato da quinto, potrebbe presentare le controindicazioni già viste in passato: il classe 2003 olandese, infatti, ha la linearità calcistica tipica dei terzini, seppur di scuola offensiva, senza quelle effervescenze in uno contro uno, quelle taglienti tendenze alla profondità o in generale di incisività negli ultimi metri con cui Saelemaekers, ormai, ha spostato la Roma dal suo lato.

Post Match – I 7 vizi capitali

LR24 (MIRKO BUSSI) – Quando Bologna e Roma imboccano gli spogliatoi hanno appena lasciato sul campo più di 116 chilometri a testa, oltre a rimorsi di vario genere. Un dato decisamente sopra la media, almeno per la Roma, che per dire contro Lazio e Milan aveva corso 112 e 109 chilometri complessivi. Per spiegarlo, basta rivedere le ondate continue che sbattevano le squadre da un’area all’altra sempre di più col passare del tempo.

Come succede nell’1-1 del Bologna che allunga la striscia negativa di gol subiti in ripartenza dalla Roma: 7 come nessun altro in Serie A, 7 come solo il Montpellier tra i 5 principali campionati europei. Il conto è stato pagato principalmente nell’interregno di Juric: tra i due subiti col Verona, primo e terzo, quello con l’Inter sul pallone perso da Zalewski e un altro paio con la Fiorentina. La lista arriva a 7 per mano di Gabrielloni e, infine, Dallinga domenica. Ma situazioni simili hanno portato anche al gol di Reijnders col Milan o al rigore guadagnato dall’Empoli all’Olimpico a inizio campionato.

“Tutte le squadre prendono transizioni”, ha detto Mancini nel post partita come premessa alla risposta, inevitabile, che a Trigoria si dedichi del lavoro alla risoluzione del caso che perseguita la Roma più di ogni altra squadra. Infatti, anche per i “tiri veloci” subiti, quelli in seguito a una riconquista avversaria, i 25 tentativi incassati dalla Roma sono il dato peggiore della Serie A. Se con De Rossi o Juric, per motivi diversi, i giallorossi tendevano a lasciarsi parecchio campo alle spalle degli ultimi difendenti, con Ranieri il problema sembra riproporsi sotto forme diverse. E si è visto in particolare a Bologna, quando il dato dei passaggi riusciti è coinciso con la peggiore percentuale della stagione: 76,3%. Accentuando, di conseguenza, gli inneschi in transizione.

Questo dato, oltre che per il volume di pressing che sa generare la squadra di Italiano è dovuto anche alla lunghezza media dei passaggi che con l’arrivo di Ranieri si è particolarmente allungata. Gli esempi mostrati sotto, dal cambio di campo di Paredes intercettato al rinvio lungo di Svilar ad inizio partita, aiutano a passare dalla statistica alla pratica: in entrambi i casi la Roma è inevitabilmente lunga e aperta per favorire lo sviluppo e la costruzione, questo non gli consente di poter accorciare e riaggredire, uno dei modi per evitare ripartenze, o quantomeno contendere a dovere la seconda palla ma è costretta a scappare all’indietro esponendosi a pericolosi attacchi avversari in parità numerica.

Spie rosse che si erano accese più volte fino alla rottura dell’1-1: il tiro di Dovbyk dal limite dell’area viene ribattuto e Dominguez fa saltare il blocco di Saelemaekers e Paredes rovesciando immediatamente il senso dell’azione. In una gara di frequenti ribaltamenti, il Bologna ha commesso quasi il doppio dei falli della Roma (18-10 il conteggio finale), ultimo appiglio per bloccare eventuali ripartenze. Che, appunto, non si possono evitare ma le squadre più efficaci sono quelle in grado di ridurle al minimo o gestirle economicamente.

Senza una forte spinta alla riaggressione, anche perché lo stile di attacco particolarmente diretto difficilmente lo renderebbe possibile, la Roma più volte si ritrova a scappare a protezione dell’area, una scelta che incide poi sul chilometraggio complessivo. Succede anche sull’1-1 ma qui le scelte difensive a ridosso dell’area mostrano bassa sincronia: Hummels, infatti, decide di riparare al possibile 2 contro 1 su Ndicka ma in questo modo svuota il centro e soprattutto non è riconosciuta tempestivamente dal collega ivoriano che resta vicino al portatore e non ha modo di chiudere il passaggio. Che raggiungerà Dallinga ormai liberato da Mancini, costretto a stringere per assecondare la scelta difensiva iniziale di Hummels.

 

Tra i principali sistemi di protezione contro ripartenze c’è quello delle marcature preventive, sempre più spesso chiamate in causa anche se, nel caso della Roma, non sembrano essere la causa principale delle indigestioni in transizione. Raramente, infatti, la squadra di Ranieri attacca come nella sequenza raccolta sotto, al 51′, quando porta 9 giocatori negli ultimi 30 metri avversari. Qui si nota come il principale vertice avversario, giocatore posizionato in avanti e particolarmente importante per eventuali ripartenze, sia libero da presidi, con Mancini impegnato al cross pochi secondi prima e Saelemaekers distratto dallo sviluppo dell’azione. Una libertà che consente a Dominguez di azionare nuovamente la sua conduzione frenetica che in poco tempo sposterà il problema nella metà campo romanista in un 2 contro 2 ad alto rischio, poi sventato dal recupero di Paredes.

 

Post Match – Manuale d’amore

LR24 (MIRKO BUSSI) – Quando il derby finisce, tra le schiume dei festeggiamenti romanisti, le statistiche finali nascondono la partita che la Roma ha preparato e vinto nel tempo di 18 minuti. Perché la Roma ha giocato, e vinto, su due piani differenti. Il primo, il volume 1 di quel manuale d’amore, corrisponde alla parte iniziale in cui la squadra di Ranieri era tutt’altro che disposta a lasciare l’iniziativa all’avversario.

Nel primo quarto d’ora, infatti, il dato sul possesso è a favore della Roma: 57% contro 43%, rimarrà l’unico tratto favorevole ai giallorossi che dal 2-0 in poi non avranno più interesse nel percorrere il derby col pallone tra i piedi. È il 9° minuto quando la Lazio sta per effettuare una rimessa in gioco da Provedel e l’immagine (nel post sotto) spiega a sufficienza le intenzioni della Roma: sono predisposti duelli uomo su uomo, con i quinti pronti a saltare sui terzini avversari accettando, di conseguenza, la parità numerica nel settore difensivo più profondo. Si vedono, infatti, i tre centrali più Koné accoppiati ai quattro giocatori offensivi di Baroni. Un’aggressività che porterà la Lazio a cercare direttamente i propri vertici offensivi, idea stracciata però dal duello aereo vinto da Koné. E possesso riconvertito in favore della Roma.

 

Qui, la Roma ribalta la situazione, consolidando il possesso in una serie di passaggi che la riportano da Svilar con l’effetto di alzare stavolta le pedine avversarie in pressione. La struttura di costruzione giallorossa, 4+2 con Mancini che si apre a destra, Hummels e Ndicka ai lati di Svilar e Angelino nella prima ampiezza a sinistra, ha un chiaro obiettivo: sfruttare la differenza di peso e centimetri tra Dovbyk e la coppia Gila-Romagnoli. Sotto l’albero dell’ucraino, a raccoglierne i frutti, si precipiteranno Pellegrini e Dybala, con Saelemaekers come freccia per la profondità a destra.

È il canovaccio dell’1-0, dal lancio di Ndicka sul petto di Dovbyk che apparecchia la tavola per Dybala e Pellegrini prima di svilupparsi a destra da Saelemaekers e tornare definitivamente tra i piedi del numero 7. Verrà ripetuta pochi minuti dopo per il 2-0: ancora un duello difensivo su Dovbyk lasciato irrisolto da uno dei centrali della Lazio, conduzione vertiginosa di Dybala che fissa centralmente Tavares e lo obbliga a liberare il corridoio verso il raddoppio per Saelemaekers.

 

A quel punto sì, la Roma si cambierà d’abito e giocherà il volume 2 della partita sedendosi in un blocco basso sintetizzabile in un 5-3-2. La difficoltà a risalire il campo con giocate dirette su Dovbyk la terrà più spesso a ridosso della propria area ma riuscendo a controllare con efficacia il centro. Così la Lazio accumulerà sempre più possesso ma convertendolo principalmente in cross (38 quelli totalizzati a fine gara), una situazione che incontrava i gusti difensivi preferiti da Mancini, Hummels e Ndicka.

Tant’è che se la Lazio finirà con più tiri, 17 in totale contro i 7 della Roma, anche nella ripresa l’occasione più redditizia secondo le metriche di xG sarà colorata di giallorosso. Al 57′, infatti, un rinvio di Svilar mostra nuovamente Gila legato a Dovbyk. Il risultato sarà lo stesso già riscosso nel primo tempo: pallone ripulito in zone di rifinitura per Angelino che lo spedirà rapidamente nella profondità tracciata da Pellegrini. Il tiro di sinistro del centrocampista a una manciata di metri dalla porta varrà 0,17 xG: il più alto registrato in partita dopo quello valso il 2-0 di Saelemaekers. Il resto, poi, saranno salse e condimenti sparsi sull’ormai denudata sensibilità avversaria che daranno maggior sapore alla portata principale. Pronta già dopo 18 minuti.