GASPORT – Jonathan Zebina, ex difensore della Roma, ha rilasciato un’intervista all’edizione odierna del quotidiano e tra i vari temi trattati è tornato a parlare della sua avventura con la maglia giallorossa. Ecco le sue dichiarazioni.
Dopo due anni a Cagliari, la cercarono in tanti. A spuntarla fu la Roma.
“Ricordo il primo mese, fu tutto molto strano. I tifosi ci contestarono a Trigoria dopo l’uscita dalla Coppa Italia. C’erano gli elicotteri, i furgoni della polizia, pattuglie ovunque. Scene da far west”.
E pensare che dopo 8 mesi siete diventati campioni d’Italia…
“Una giornata memorabile. Le racconto questa: il giorno di Roma-Parma c’era così tanta tensione che io, prima della partita, abbracciando il mio ex compagno Mboma, scoppiai a piangere. Ero agitatissimo”.
I tifosi, poi, a pochi minuti dalla fine rischiarono anche di rovinare tutto.
“Una cosa assurda, Capello era inferocito. Aveva paura ci facessero perdere la partita a tavolino a causa dell’invasione. Però al fischio finale fu uno spettacolo. Ricordo che in un attimo il campo si era riempito di gente, una marea giallorossa. Persone che piangevano, altri che staccavano ciuffi d’erba dell’Olimpico. Poi il Circo Massimo, due milioni di tifosi, tutti a cantare. Raccontarlo mi mette ancora i brividi”.
Uno scudetto diverso da quelli vinti e poi revocati con la Juventus?
“Diverso sì, ma non meno importante. Sento miei anche quei due campionati, noi abbiamo vinto sul campo. Eravamo i più forti e lo abbiamo dimostrato dall’inizio alla fine”.
Prima menzionava Capello. È l’allenatore a cui deve di più?
“Assolutamente sì, gli devo tantissimo. È stato lui a darmi fiducia e insieme abbiamo vinto tanto tra Roma e Torino. E dovevo seguirlo anche al Real Madrid dopo Calciopoli: ci furono un paio di incontri, volevano me e Cannavaro. Presero solo Fabio”.
A proposito di Capello e del suo trasferimento a Torino, i romanisti le diedero del traditore. Le ha fatto male?
“È una cosa che ho sempre trovato ingiusta. Il mio ciclo in giallorosso era finito e scelsi di seguire Capello alla Juve. Fino a un mese prima dovevo andarmene ed ero un brocco, poi improvvisamente sarei diventato un traditore?”.
In carriera non sono mancati gli scontri con i tifosi. A Roma prese una manganellata in testa.
“Sì, perché non mi sono mai nascosto e ci ho sempre messo la faccia. Non andavo a cena con i capi della tifoseria o con i giornalisti. Ho pagato il fatto di essere un tipo solitario. A Roma giravano tante cose non vere sul mio conto. Sì figuri, io in discoteca mi addormentavo…”.
Anche a Torino, poi, litigò con un tifoso.
“A Roma fu molto doloroso, tornai a casa con un bozzo in testa. Credo che quello sia stato l’epilogo della mia storia in giallorosso. Con la Juve, invece, passavamo un brutto momento e nel corso di una contestazione un tifoso mi spinse”.