IL TEMPO (L. PES) – Rigori, “rigorini”, e nuovi protagonisti, dietro il monitor o sulla linea laterale. Ormai arbitrano tutti meno che il direttore di gara. Episodi controversi, letture diverse ogni domenica e una confusione che regna sovrana su tutti i campi di Serie A.
L’ultima follia è stata quella del Maradona dove Mariani aspetta quasi dieci secondi per concedere un rigore ai limiti dell’inesistente e lo fa su suggerimento del guardalinee, lontano dall’azione e con una visuale discutibile. Errore macroscopico che segue la voglia di protagonismo di Abisso che al VAR di Milan-Fiorentina una settimana fa ha mandato al monitor Marinelli che, ovviamente, non conferma la sua decisione ma fischia rigore al Milan dopo la sceneggiata di Gimenez per un tocco lieve di Parisi. Protagonisti diversi, stesso risultato.
Spiegazioni ormai quasi assenti, giustificazioni sempre nuove e calciatori, allenatori e tifosi ormai spaesati e sfiduciati. Dopo quasi dieci anni di VAR non si smette ancora di stupirci, salvando le situazioni oggettive come fuorigioco e gol line. La soluzione?
Difficile da trovare, ma sembra ormai inevitabile che la direzione debba essere quella dei cosiddetti «challenge». Quantità e modalità da decidere ma l’arbitro ormai ha perso centralità e credibilità e quando a richiamarlo al monitor è un collega, dopo alcuni errori, non mantiene mai quello che in campo ha visto. Tanto vale che siano le squadre a farlo.
Pensate se il Milan avesse chiesto la revisione sul contatto Gimenez-Parisi o se l’Inter avesse mandato al monitor Mariani per Mkhitaryan-Di Lorenzo. Difficilmente avremmo visto assegnare due calci di rigore ma, in generale, è giusto che l’arbitro si senta padrone della sua prestazione senza avere l’ansia che dall’auricolare arrivi la voce giudicante di un collega, magari anche più esperto, che gli faccia crollare quelle poche certezze di una decisione presa in pochi decimi di secondo.
Se il principio iniziale era quello di usarlo per «chiari ed evidenti errori» ormai siamo fuori strada da tempo. Ma negli ultimi mesi la moviola ha preso nettamente il sopravvento sulla scelta di campo, basti pensare al rigore revocato alla Roma contro l’Atalanta lo scorso maggio per un contatto che, seppur lieve, c’era eccome di Pasalic su Koné, per un episodio che valeva molto in quel frangente. Complesso pensare a soluzioni salvifiche, ma tanto vale provarci, in una giungla simile ormai capirci qualcosa è diventato impossibile.