Pio, patria e famiglia

LR24 (AUGUSTO CIARDIServiva davvero un’amichevole per capire che l’Italia del calcio ha problemi enormi? Per aprire l’ennesimo dibattito su presunte riforme calcistiche, sui settori giovanili, sugli stadi? Per le solite manfrine per cui tutti salgono in cattedra per insegnare il nulla cosmico? Dibattiti e grandi consigli che hanno la scadenza fissata a domenica, al fischio di inizio del derby milanese?

La rivoluzione serve innanzitutto nell’informazione. Che per motivi oscuri non mette mai in discussione la federcalcio. Informazione e comunicazione fatta di “Grandi Firme” che come massimo guizzo rivoluzionario ieri al gol di Esposito si sono scagliate contro Haaland. Avendo in canna dal giorno prima il tweet per rinfacciare al campione norvegese l’irriverenza di non avere ancora messo a fuoco l’attaccante dell’Inter. Patetici.

Immaginate se l’Italia avesse battuto la Norvegia in amichevole. Perché quella di ieri era un’amichevole. Le solite grandi firme si sarebbero rivolte all’Onu per via dell’ingiustizia causata dai metodi di qualificazione. Il solito soccorso da portare ai vertici del calcio che non sbagliano mai. Gli orgoglioni avrebbero difeso Dio (Gravina), patria e famiglia (stipendio). Si sono ritrovati a difendere Pio, patria e famiglia. Fino a quando Haaland ha fatto due gol in una manciata di secondi, condannando all’eternità i tweet inadeguati partoriti al gol di Esposito. Che hanno portato pure la classica sfiga di chi non capisce che a partita in corso bisogna tacere. Il dato aggregato dice 1-7 e allora ci buttiamo sul tennis.

Perché un anno e mezzo fa per il flop europeo la colpa era dei ragazzini che non giocano più a pallone in strada. Mica di Spalletti, anzi Luciano perché chiamarlo Luciano fa più figo. Mica c’è stato qualcuno che abbia scritto che un allenatore come Spalletti Luciano non può fare il commissario tecnico, perché esaltare il suo calcio, irriproducibile in nazionale, faceva troppo figo.

Stavolta bisogna prendere esempio dal tennis, perché nel frattempo siamo diventati sessanta milioni di tennisti. E allora che il calcio prenda esempio dal tennis. Non c’è speranza. Non ci sono due cose più distanti di quanto siano calcio e tennis. Sport individualista, che per organizzazione, crescita dei ragazzi, tipologia di trasferte e costi per la formazione non può avere mai un punto di contatto con il calcio.

Ma bisogna distrarre la massa. E purtroppo la massa è quella che lancia urla di incitamento mentre il campione di tennis lancia in aria la pallina per la battuta. La massa che spesso capisce poco. Come i grandi geni della comunicazione e dell’informazione, come molte “grandi firme” nostrane. Meno credibili del commissario tecnico nigeriano che a fine partita, perso I rigori, parla dei riti voodoo dei congolesi.

In the box – @augustociardi75