Finché vedrai… il Pantone Giusto

“Si vabbè, ma lo stadio non è che te fa vince le partite”.

Quando una decina di giorni fa, a mezzo social, veniva pubblicato l’avviso della Curva Sud, rivolto a tutti i settori dello stadio, di portare per Roma-Athletic una bandiera homemade con i colori ‘giusti‘, in pochi hanno immaginato lo spettacolo che si stava costruendo, l’incanto che, cucitura dopo cucitura, rammendo dopo rammendo, andava a prendere forma.

Le indicazioni, chiare e dettagliate, parlavano di misure, posizioni, aste e pantoni. I più scettici (eccomi, presente!) si preoccupavano di un effetto ‘vorrei ma non posso’, dove l’armonia dei colori potesse andare a farsi benedire. Per non parlare del numero di bandiere (“Bah, chissà se si vedranno ‘buchi’ qua e là”). E la sincronia, richiesta dai gruppi della Sud, nell’esposizione prolungata delle bandiere? Ci riusciremo?

La risposta l’abbiamo vista tutti. Questo richiamovecchie maniere’ (ago e filo e s’abbracciamo) ha sortito un effetto mostruoso nei numeri e nella sostanza: ieri sera siamo stati osservatori ultraprivilegiati del fatto che quando il tifoso romanista fa le cose per bene, in piena condivisione, con tutto il sentimento, non ce n’è per nessuno. Ieri è stata Roma-Colonia, Roma-Parma, Roma-Bodo ma tutte concentrate insieme. Una mistura perfetta, potente e prorompente di cui tutti parlano da ieri a qualsiasi latitudine.

Nel recente passato c’è stata qualche defaillance, probabilmente qualche divergenza di vedute, momenti di stasi e di vuoto di potere e inevitabili ricambi generazionali. Ci potranno essere altri momenti così. Ma il 6 marzo 2025 allo stadio Olimpico di Roma il tifoso romanista, capeggiato da una fantasmagorica Curva Sud, ha dimostrato, per l’ennesima volta dal 1927 ad oggi, perché esistono ‘i tifosi e poi i tifosi della Roma’. Beato chi ieri era tra i 62540 presenti (baschi compresi): partecipe e testimone oculare del manifesto del romanismo più alto. E gli 11 in campo sono stati ottima cornice ma quadro no. Il quadro era intorno al campo.

Finché vedrai questo quadro qua, col Pantone Giusto, tu in campo devi solo cercare di cavalcare l’onda e fare meno danni possibile. Il resto viene da sé.

Il dottor Colombo ad un giovanissimo (mi amigazo) Titazo raccontava che “c’è uno stadio a Buenos Aires che vince le partite da solo”, riferendosi ovviamente alla Bombonera.
Ce n’è un altro, però, dall’altra parte dell’Oceano, che quando ci si mette con tutta la fede, smuove le acque e anche i palloni in campo. “Si vabbè, ma lo stadio non è che te fa vince le partite”.

Andiamoci a rileggere le parole dell’allenatore avversario Ernesto Valverde: “Speriamo al ritorno ci sia la metà dell’ambiente che c’era qui oggi: un ambiente straordinario, stiamo giocando contro una grandissima tifoseria”. Ora uniamo i puntini e vediamo come somiglino a quelle di 40 anni fa di Udo Lattek, mister del Bayern Monaco: “Sono rimasto sconvolto da quello che è successo all’Olimpico. In tanti anni di carriera non avevo mai visto una squadra che sta perdendo, che è eliminata dalla Coppa, sostenuta così dai propri tifosi. Quasi mi sono emozionato”.

“Si vabbè, ma lo stadio non è che te fa vince le partite”. SI VABBÈ

MDR – @MatteoDeRose

“La Roma (non) si discute, (perché) si ama”

È il 17 giugno 1951, dal palco del Teatro Sistina, il mitico Renato Rascel, tifoso romanista, annuncia quella che ad oggi sarà l’unica retrocessione romanista: “Signori, da questo momento la Roma è in Serie B”. Ma non sarà tanto questa la frase a passare alla storia, quanto quella successiva, l’arcinota “la Roma non si discute, si ama”.

Da lì a poco, l’affermazione divenne pietra angolare del tifo romanista. Ti amo a prescindere. Ti amo nonostante tutto. Ti amo senza condizioni. Rascel segnò il solco su cui passarono generazioni di tifosi.

Ieri mister Ranieri l’ha rievocata (“Quando andavo io in Curva Sud si diceva: ‘La Roma non si discute, si ama’ “) aggiungendo: “Adesso non dico che si ami al 50%, ma mi sa che siamo passati al 70-30. Si discute e dopo si ama. E non è bello”.

Quello che spesso sfugge è la premessa fondamentale: chi può mettere in dubbio il sentimento, se si dichiara romanista (o della Roma, fate vobis)? Perché giocare annosamente su questo concetto?

Se uno discute il sentimento, va da sé che non si può professare romanista. Se uno discute la fede, non può professarsi credente. Sembra una banalità, ma negli anni questo concetto è stato più o meno artatamente equivocato. Al netto di chi rema sempre contro, dei pregiudizi, dei tifosi delle proprie idee, la critica, e quindi il discutere, è figlia proprio di quell’amore. Ed è scontato che non si critica il sentimento, l’amore, ma chi quell’amore e quel sentimento dovrebbe portarlo in giro per il mondo e custodirlo (ahh, i custodi…).

I dogmi, gli slogan, le frasi degli striscioni contengono messaggi che vanno letti e capiti. ‘Mai schiavi del risultato’ non significa che per i romanisti la vittoria è secondaria, ma semplicemente che non sono disposti a scendere a tutti i compromessi del mondo per vincere (che per qualcuno, per l’appunto, ‘è l’unica cosa che conta’...). Allo stesso modo ‘la Roma non si discute si ama’, veicola il messaggio che anche (o forse soprattutto) di fronte ad una retrocessione quel sentimento rimane inalterato, anzi forse si rafforza, ma questo non può e non deve condannare il diritto di critica verso chi si è reso responsabile di quel nefasto evento, come una stagione fallimentare. Critico te tesserato dell’As Roma (presidente, dirigente, allenatore, calciatore o chicchessia) che con le tue azioni e i tuoi errori hai portato, per esempio, ad una gestione societaria discutibile o ad una direzione tecnica opinabile, MAI il sentimento e la fede. Sarebbe, come detto, una contraddizione in termini.

Il tesserato che critica chi critica usa il populismo più abietto e più logoro, nascondendosi dietro sentimentalismi e chiamate alle armi, di cui il tifoso della Roma non ha proprio bisogno.

Sembra tutto talmente ovvio e lapalissiano che il fatto che anche un uomo così di buon senso come mister Ranieri abbia cavalcato questo equivoco un po’ sconcerta.

Ma, comunque, se proprio dobbiamo ricorrere ad un dogma, che non ha bisogno di interpretazioni e letture tra le righe, riuniamoci tutti intorno al ‘TI AMO’ semplice, diretto, rivoluzionario by Curva Sud.

MDR – @MatteoDeRose