RETESPORT – Un’intervista tra passato e presente, con qualche rimpianto. L’ex direttore sportivo della Roma, Gianluca Petrachi, è intervenuto in esclusiva ai microfoni dell’emittente radiofonica, svelando aneddoti inediti sulla sua esperienza in giallorosso.
Dalla trattativa che portò quasi il tecnico di Grugliasco sulla panchina della Roma cinque anni fa, al rammarico per un chiarimento mai avvenuto con l’ex presidente Pallotta, fino all’elogio per Lorenzo Pellegrini, Petrachi ha toccato numerosi temi, offrendo una visione a 360 gradi del mondo Roma.
(…)
Quanto è importante il binomio e il rapporto tra ds e allenatore?
“Parlando della mia esperienza, ho sempre avuto un confronto e un contatto diretto con gli allenatori, deve essere così, in accordo con la proprietà, il ds sceglie un allenatore e così è possibile creare una sinergia. Io guardo dei calciatori, una volta terminata la scrematura dei miei scout, poi propongo un calciatore all’allenatore e lì deve esserci una condivisione. Se tu segui un calciatore totalmente distante per caratteristiche ai profili che servono all’allenatore già hai sbagliato in partenza”.
Gasperini è stato realmente vicino alla Roma cinque anni fa? Lo aveva praticamente preso? Come andò?
“Sì, con Gian Piero ci incontrammo, parlammo a lungo, parlammo di calciatori e visione calcistica o filosofia, ci trovammo d’accordo su tutto. Era un momento in cui il mister poteva lasciare Bergamo dopo diversi anni, era fortemente motivato e intrigato dall’opzione Roma, ma mi disse che doveva prima confrontarsi con la proprietà dell’Atalanta. Aveva e ha avuto sempre un rapporto molto forte con Antonio Percassi, tant’è che poi l’Atalanta riuscì a convincerlo a restare. Fu un peccato, perchè alla luce dei risultati straordinari prodotti anche successivamente, sarebbe stato l’uomo perfetto in quel momento per la Roma. Non sono meravigliato oggi del suo rendimento nella capitale, Gasp è un top manager”.
Da Mancini a Spinazzola, da Veretout a Mkhitaryan e Smalling. Quella campagna acquisti è stata la base della Roma per diversi anni. Ha un rimpianto per il suo percorso romanista e qualcosa di cui va fiero?
“Sicuramente vado fiero del rendimento di quella Roma, del 19-20, quella che ha fatto più punti – 70 – in campionato. Nessuno è riuscito a far meglio di quella Roma lì ricostruita nell’estate del 2019 dopo un anno terribile. Il rimpianto vero è non aver preso un aereo per Boston e andare a chiarire di persona con Pallotta, alcune incomprensioni sorte a distanze tenendo conto che non parlavo direttamente col presidente, ma attraverso Fienga. Il mio inglese purtroppo è pessimo, lui non parlava italiano, questa distanza linguistica mi ha frenato, sicuramente ci saremmo chiariti. Io sono un istintivo, dico quello che penso, sono fatto così e ho questo carattere. E’ un peccato, fa parte della vita”.
Cosa le piace della Roma attuale?
“E’ la squadra che gioca più in verticale di tutto il campionato, c’è un interscambio di ruoli su cui Gasp sta facendo vedere cose incredibili. Vedere Mancini fare assist e sovrapposizioni, giocatori che passano dalla difesa all’attacco e viceversa, tutti con l’obiettivo di far male all’avversario. Un lavoro straordinario. Certamente quello che manca, è evidente, è un attaccante di livello giusto. Con una punta la Roma ha buone chance di rimanere lì nelle zone alte, perchè fisicamente Gasp ti fa stare al top, non guarda in faccia a nessuno. Ha portato dentro Trigoria una cultura del lavoro incredibile”.
Conosce bene Pellegrini e ha detto di esser rimasto in contatto con lui. Pensa che la sua esperienza romanista proseguirà?
“Me lo auguro, Lorenzo è un ragazzo per bene, strepitoso umanamente, un romanista vero e ha qualità importanti. E’ un centrocampista moderno, tiene tantissimo alla maglia, essere profeti in patria è difficilissimo, ha personalità. Io lo so perchè l’ho vissuto, dentro la Roma ha un peso importante, con i ragazzi nuovi, ha sempre fatto capire a tutti cosa sia la maglia giallorossa, merita questa possibilità di proseguire ancora con la Roma”.